Il modello interpretativo - Il Parco per l'alluvione

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Il modello interpretativo

Lo studio > Sintesi dei risultati
L'animazione descrive la dinamica degli eventi franosi, areali o di versante, verificatisi il 19 giugno 1996
Nell'area ristretta di studio, la superficie di territorio colpita da dissesti varia grandemente in funzione del tipo di substrato e del soprassuolo boschivo. Su rocce impermeabili, il castagneto occupa un'estensione territoriale di 398,30 ha (da confrontarsi con i 1600 ha complessivi); le zone interessate dai dissesti areali del 19 giugno riguardano 32,73 ha, cioè l'8,2 % della zona coltivata a castagno. Di contro, il carpineto - su substrato impermeabile - presenta un superficie totale di 80,24 ha ed una superficie dissestata di 3,20 ha; pari soltanto al 4,0 %. La relativa maggiore vulnerabilità del castagneto rispetto ai boschi spontanei, si ripropone anche per i dati desunti da situazioni vegetazionali su substrato permeabile. In effetti, al di sopra di calcari e rocce similari, l'area coltivata a castagno occupa una superficie totale di 62,26 ha, mentre la parte che è stata interessata da dissesti è di 0,83 ha: ovverosia l'1,3 %. Al contrario, il carpineto (o bosco misto) - nonostante che rivesta ben 361,60 ha di territorio a substrato permeabile - ha avuto soltanto 1,27 ha di superficie interessata da frane di versante, da cui una percentuale risibile dello 0,3 %.
I fenomeni franosi avvenuti il 19 giugno 1996 tra la Versilia e la Garfagnana hanno avuto come “causa immediata” (cioè determinante) le piogge eccezionali, mentre tra le “cause preparatorie” (cioè predisponenti allevento) bisogna considerare, quanto meno:
a) la diffusione di substrati impermeabili o quasi (filladi e flysch terziario metamorfici)
b) la giacitura a franapoggio per stratificazione e/o scistosità
c) l'acclività accentuata dei versanti (spesso superiore al 50 %)
d) la presenza di formazioni “artificiali” in abbandono, riferibili soprattutto al castagneto
Nell'area studiata la superficie di territorio colpita da dissesti varia grandemente in funzione del tipo di substrato e di soprassuolo boschivo. Su rocce permeabili tale superficie è assai ridotta, sia in presenza di castagneto, che di bosco misto.
Al contrario, su substrato impermeabile, la superficie colpita da dissesto aumenta considerevolmente, arrivando, nel caso di soprassuolo boschivo costituito da castagneto, a quasi il 10% del totale.
In materia di difesa del suolo, la “debolezza” dei castagneti, in confronto ai boschi spontanei, trova una serie innumerevole di ragioni. In primo luogo, si può ricordare la condizione monofitica della stessa formazione, in cui la biodiversità scende a livelli minimi anche per l'utilizzo diffuso di cultivar, cioè di cloni utili soprattutto alle produzioni legnose o di frutti, e non certo a migliorare la stabilità dei versanti. Cosa ben diversa sono i boschi misti - ad Ostrya carpinifolia ed altre latifoglie - in cui la differenziazione inter- ed intraspecifica assume un rilievo notevole, quale esito di lunghissimi percorsi evolutivi che hanno selezionato ecotipi locali, perfettamente adattati alle diverse condizioni bioclimatiche delle Apuane.
Altra ragione riguarda l'impianto degli individui arborei che, nel caso del castagno (Castanea sativa), è il risultato di pratiche agronomiche con fini produttivi, mentre per le fanerofite autoctone è l'esito di una continua e spontanea “competizione” naturale, che ha determinato, alla fine, la maggiore/migliore copertura/protezione dei versanti. A ciò si aggiunga poi il limitato ancoraggio assicurato dagli apparati radicali del castagno, con i suoi sviluppi piuttosto superficiali, per completare un quadro di “debolezza” strutturale e fisionomica della corrispondenza formazione boschiva artificiale (Bartelletti et alii, 1997).
Oltre la questione “variabilità”, i castagneti di Cardoso, Mulina e dintorni hanno anche offerto, nell'evento del 19 giugno, un minor contributo alla difesa del suolo per il preoccupante stato di abbandono colturale in cui versano. La situazione è stata senza dubbio aggravata dal sovraccarico determinato, quasi ovunque, dalla biomassa in piedi (non più soggetta alle necessarie potature), nonché dalla diffusione di necromassa [anche conseguente agli effetti del cancro corticale prodotto da Cryfonectria parasitica Murr (Barr.)]. In sintesi, si tratta di condizioni vegetative non ottimali che - di regola - limitano l'efficacia della protezione idrogeologica di questi boschi “artificiali”.
Per dare misura concreta del “peso” e del “volume” dei castagneti di Cardoso e Fornovolasco, si riportano i dati rilevati nell'area in esame, anche confrontati con i boschi misti della stessa zona. I valori medi, per ettaro, documentano qui per le aree a castagno un volume di 600 m3 (pari a circa 600 ton), mentre in quelle a carpino nero dominante si raggiungono appena 200 m3 ( 200 ton).
Il calcolo del volume per ettaro evidenzia, nel caso del castagneto, valori medi molto elevati. Dunque i dissesti verificatisi a seguito degli eventi meteorici del 19 Giugno 1996 possono essere spiegati proprio come risultato della concomitanza di molti fattori: l'eccezionalità delle precipitazioni, un terreno impermeabile, molto inclinato, con un bosco - assai pesante - in stato di abbandono.
Ulteriore elemento di aggravio della stabilità dei versanti, conseguente all'abbandono colturale, lo si individua nel degrado storico a cui sono andate incontro tutte le sistemazioni rurali del suolo all'interno dei castagneti. Non è un fatto sconosciuto ai più la progressiva rovina che ha coinvolto, anche a Cardoso e Fornovolasco, le opere di terrazzamento dei versanti, quali lunette, gradoni, ciglioni, muretti a secco, ecc. In queste condizioni, è normale attenderci tempi di corrivazione più rapidi che non in passato, con tutte le conseguenze che tale situazione porta dietro sé.
In un articolo del 1996, Sequi individua alcuni motivi di pericolosità idrogeologica del castagneto, in assenza di cure colturali, muovendo proprio dalla analisi dell'evento del 19 giugno nell'area di Cardoso. Si conviene, rispetto all'ipotesi di Sequi, sull'effetto negativo prodotto dall'aumento della biomassa per mancanza di potature e dal progressivo deterioramento delle sistemazioni del suolo. Tuttavia, più di un dubbio emerge riguardo alla tesi della minore tenuta del castagno come conseguenza di una sua “copertura” da parte di “rampicanti” e per la concorrenza di altre piante, successivamente insediatesi nell'intorno. Non è poi chiaro - secondo le ipotesi di Sequi - come nuovi frutici e giovani individui arborei, invasivi delle aree a castagno, possano concorrere con esemplari maturi e assestati, arrivando perfino “a ridurre progressivamente l'apparato radicale” di questi ultimi. Di vero c'è soltanto che i castagni senescenti realizzano un ancoraggio radicale sempre minore, a causa di evidenti ragioni di vitalità fisiologica, all'avanzare impietoso degli anni.
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