Carta della vulnerabilità - Il Parco per l'alluvione

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Carta della vulnerabilità

Lo studio > Analisi cartografica
Il meccanismo di movimento molto rapido dei processi erosivi e franosi del 19 giugno 1996, sostanzialmente riconducibili a fenomeni di debris flow (colate di detrito), e la grande influenza dovuta alle acque incanalate, ha condotto ad una interpretazione cartografica che cerca di distinguere i processi di versante (erosione areale) dai processi più direttamente collegati allo scorrimento delle acque nei solchi torrentizi (erosione lineare).
L'analisi ha confermato l'influenza della litologia sul dissesto come fattore predisponente. Infatti, come era già riscontrabile in via qualitativa, nella formazione dello pseudomacigno, che si estende per una superficie del 24% rispetto all'area ristretta indagata, sono concentrati il 55% dei processi rilevati.
Se si applica la medesima osservazione all'insieme delle formazioni litologiche che presentano analoghi caratteri di scistosità, nonché alle coperture detritiche, si rileva che, a fronte di una superficie complessiva riguardante il 41% del territorio desame ristretto, vi insistono circa l'81% dei dissesti rilevati.
Per quanto riguarda la distribuzione delle categorie emergono le seguenti considerazioni (riferite all'area ristretta di studio):
         · la categoria più diffusa è costituita dai dissesti classificati come erosioni di acque incanalate (non riportata nell'estratto di cartografia poiché diffusa su tutte le aste idrografiche). Trattandosi di processi quasi lineari, essi occupano gran parte dei solchi torrentizi, con una superficie interessata di 20.45 ha, corrispondente al 27.5% delle aree dissestate.
         · occorre rilevare anche la notevole incidenza dei processi classificati come frane in detrito, che a loro volta descrivono dissesti superficiali e generalmente di limitata estensione. Anche in questo caso, l'insieme dei processi arealmente limitati raggiunge, per la loro diffusione, valori significativi di superficie nel territorio coinvolto dal dissesto. La loro estensione è infatti pari a 12.38 ha, che rappresentano il 16.6% dei fenomeni rilevati.
         · i movimenti franosi più estesi descritti dalla categoria frane complesse interessano 14.01 ha di superficie e incidono per il 18.8% sulla diffusione della franosità complessiva.

Al fine di ottenere una sintesi valutativa dei rapporti tra dissesti e copertura vegetazionale, è sembrato opportuno giungere alla definizione, per i soprassuoli, di classi a differente vulnerabilità.
In primo luogo, il territorio è stato suddiviso in unità che presentassero caratteristiche omogenee dal punto di vista fisico e biologico, ottenendo, dunque, una tipica “carta degli ecotopi”. L'individuazione cartografica di queste unità omogenee ha consentito, quindi, la realizzazione di una correlazione topografica fra ecotopi e dissesti verificatisi in occasione dell'evento limite del 19 giugno 1996. Sulla base del confronto fra ecotopi/dissesti e ecotopi/area di studio, è stato possibile proporre un modello di analisi che definisse categorie di vulnerabilità idrogeologica per ciascun ecotopo o gruppo di ecotopi.
In base a tali considerazioni, si è giunti alla definizione di tre classi di vulnerabilità dei soprassuoli boschivi, rispettivamente di grado “basso”, “medio” ed “alto”. Per la mancanza di modelli specifici a cui far riferimento, sono state utilizzate, allo scopo, elaborazioni originali, a sviluppo semiempirico, non senza tener conto della entità/distribuzione dei dissesti osservati.
I risultati di tale elaborazione hanno condotto, dunque, alla seguente classificazione, valevole ovviamente per il territorio considerato e nel caso di eventi limite come quello del 19 giugno 1996:

soprassuoli ad alta vulnerabilità     - geolitologia: Gmp, vr2, di, pmg, cp, P1t
                                                              - uso del suolo: boschi di castagno
                                                              - pendenza: maggiore del 50%
soprassuoli a media vulnerabilità  - geolitologia: Gmp, vr2, di, pmg, cp, P1t
                                                              - uso del suolo: boschi misti a prevalenza di carpino nero (e quelli di castagno non compresi nella classe superiore)
                                                              - pendenza: maggiore del 30%
soprassuoli a bassa vulnerabilità  - geolitologia: ininfluente
                                                              - uso del suolo: Tutti i boschi, con esclusione di quelli delle classi precedenti
                                                              - pendenza: ininfluente

Per un maggior dettaglio analitico, la classe comprendente le aree ad “alta vulnerabilità” è stata a sua volta suddivisa in tre sottoclassi (sub-bacini a “media incidenza di dissesti”, a “medio-alta incidenza” e ad “elevata incidenza”). La distinzione è stata operata, dopo aver individuato porzioni di versanti (cioè settori di bacino idrografico) di grandezza commensurabile, computando percentualmente l'estensione dei dissesti verificatisi nell'evento limite in parola in rapporto alla superficie complessiva degli stessi sub-bacini. La “Carta della vulnerabilità” dei soprassuoli - elaborata con le definizioni di cui sopra - propone una lettura del territorio piuttosto diversificata nelle due sub-aree dei Torrenti Cardoso-Mulina  e dellalta e media valle della Tùrrite di Gallicano. Nel primo bacino, siamo in presenza di vaste superfici con soprassuoli ad alta e media vulnerabilità, che sovrastano ed incombono sull'abitato del Cardoso e, in misura minore, su quello delle Mulina. Nell'altro caso invece, si rintracciano limitate porzioni di territorio, qui classificato a “media vulnerabilità”.

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