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Il Cervo (Cervus elaphus)

Il cervo è l’ungulato di maggiori dimensioni presente in Italia e nell’Europa mediterranea, il suo peso può arrivare nei maschi adulti anche a 200-300 Kg, per un’altezza al garrese fino a 100-150 cm. Il dimorfismo sessuale è evidente, con il maschio che può presentare un imponente trofeo formato da palchi di tessuto osseo pesanti più di 10 kg al paio.
Le dimensioni imponenti ci indicano come questa specie si sia evoluta in ecosistemi forestali maturi, fustaie vetuste, alternati ad ampie superfici pascolive, essenziali per la sua alimentazione. Di fatto esso è classificabile dal punto di vista dell’ecologia trofica come un pascolatore intermedio, ovvero che può cibarsi di un ampio spettro di specie, graminacee e non, facendo su di esse solo una blanda selezione in base al loro apporto energetico. Caratteristico comportamento alimentare del cervo è quello di nutrirsi della corteccia di alcune specie arboree (frassini, salici, ma anche faggi, carpini e giovani castagni in certe situazioni), soprattutto durante il periodo invernale o durante la primavera. L’assenza di praterie, steppe e aree aperte di grandi dimensioni con scarsa presenza umana lo porta, soprattutto dove sono presenti vallate semi urbanizzate, a utilizzare campi, pascoli e coltivazioni per ragioni trofiche, impattando a volte in modo pesante le attività agricole e zootecniche.
Il cervo è un ungulato piuttosto sociale, l’unità familiare di base è costituita da branchi femminili formati da una o più femmine anziane, femmine giovani (spesso loro figlie), piccoli dell’anno e maschi “satelliti” da 1 fino a 2-3 anni di età. I maschi anziani, sopra i 10 anni, sono solitari o formano piccoli gruppi con coetanei o maschi più giovani, ma non nel periodo riproduttivo (da fine agosto all’inizio di ottobre), quando l’aggressività è elevata e ciascun individuo adulto difende il proprio harem di femmine. Durante l’autunno è possibile udire i caratteristici “bramiti”, emessi dagli esemplari socialmente maturi per segnalare, alle femmine ed agli altri maschi concorrenti, la propria presenza e la propria “prestanza” fisica.
In seguito alla riproduzione autunnale, le femmine partoriscono a fine primavera (aprile-maggio, fino a giugno) in genere un piccolo che, munito del caratteristico mantello mimetico pomellato, rimane celato nella vegetazione per 7-15 giorni prima di cominciare a seguire la madre nei suoi spostamenti.
Come tutti i cervidi, i maschi perdono i palchi nel periodo tardo invernale (febbraio-marzo). La ricrescita è immediata ma graduale: nei primi mesi i palchi che si stanno riformando sono ricoperti da un tessuto vascolarizzato detto “velluto” particolarmente adatto al trasporto dei nutrienti; poi tale tessuto, persa la sua funzione, viene staccato per sfregamento con le cortecce degli alberi, fino alla completa pulizia del palco neoformato che si ha (per i soggetti adulti) nel mese di giugno. Il ciclo annuale dei palchi è regolato da due ormoni antagonisti: somatotropina e testosterone. Il primo favorisce la formazione degli “abbozzi” subito dopo la caduta e del velluto, il secondo stimola l’ossificazione del palco ed il conseguente distacco del tessuto vascolarizzato. Nel periodo di ricrescita un maschio di cervo necessità fino a 20 kg di foraggio al giorno.
In Italia il cervo (circa 70.000 capi presenti) è distribuito in modo pressoché uniforme sull’arco alpino ed a macchia di leopardo sull’Appennino, dove abbiamo le popolazioni principali nell’Appennino tosco-emiliano (province di Lucca e Modena, Bologna e Pistoia), nell’Appennino tosco-romagnolo (Foreste Casentinesi) e nell’Appennino Abruzzese (valle del Sangro e Maiella). Nuclei più o meno di recente introduzione ed in espansione numerica e distributiva sono quelli dei monti Sibillini, del Gran Sasso e del Pollino. La specie è presente anche in pianura Padana (bosco della Mesola nel Delta del Po) con una piccola popolazione isolata, sembra anche dal punto di vista genetico; nelle colline toscane tra le province di Pisa e Siena (per una fuga dal recinto di un’azienda di produzione di carne di selvaggina) e nella Tenuta Presidenziale di Castelporziano (Roma).
Come è immaginabile gli ambienti frequentati vanno dai pascoli di altitudine (sulle Alpi in estate i cervi arrivano anche oltre i 2500 metri), alle faggete appenniniche, fino alla macchia mediterranea.
In Sardegna è presente la sottospecie Cervus elaphus corsicanus, il cervo sardo, con circa 2000 capi.
Il cervo sulle Alpi Apuane

Sulle Alpi Apuane il cervo è un arrivo relativamente recente: il primo dato di presenza “ufficiale” risale al 2011 (ma osservazioni e segnalazioni erano state saltuariamente raccolte dal Comando Guardiaparco anche in precedenza), con un maschio foto trappolato nella valle di Arnetola in Garfagnana durante i rilievi per la redazione del Piano di Gestione degli Ungulati. Questo “arrivo” è da imputarsi alla naturale espansione della popolazione dell’Appennino tosco-emiliano e dell’Orecchiella in particolare. In seguito a tale episodio l’intensificazione del campionamento tramite video-foto trappole ha fatto rilevare la presenza di alcuni esemplari nella valle dell’Edron ed il primo conteggio (autunno 2011, eseguito tramite una tecnica di censimento al bramito “itinerante”, già sperimentata nelle Foreste Casentinesi) ha segnalato un piccolo nucleo di maschi bramenti sopra Gorfigliano, alle pendici settentrionali del monte Pisanino.
 
I conteggi sono stati ripetuti dal 2016 al 2019 su territori sempre più ampi, in conseguenza della rapida espansione della specie ed hanno mostrato il graduale aumento della consistenza della sua popolazione. Attualmente il cervo è uniformemente distribuito sul versante settentrionale interno della catena, dal monte Pisanino alla Penna di Sumbra, inoltre individui sono stati video trappolati anche in Lunigiana, dove probabilmente la specie è ugualmente presente a basse densità. Nell’ultimo anno un nucleo di maschi in bramito è stato confermato dopo ripetute segnalazioni nel gruppo delle Panie, quindi sulle Apuane centrali, mentre esemplari in dispersione sono stati osservati, fotografati e foto trappolati anche sul versante marittimo, in provincia di Massa, e sulle Apuane meridionali. La consistenza del cervo stimata tramite i conteggi è di circa 50-60 capi; possiamo considerare tale dato una sottostima, in quanto al momento non è possibile effettuare un’estrapolazione di tale consistenza a tutto il territorio occupato dalla popolazione.


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