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21/08/2018
Il Parco risponde alla Leverotti: su Cava Romana illazioni e gravi errori
Park replies to prof. Leverotti: falseness and serious mistakes on Cava Romana



Ennesimo intervento contro il Parco della prof.ssa Franca Leverotti e suo ulteriore infortunio di percorso, con interpretazioni sballate e numeri assurdi dati in pasto all’opinione pubblica. Questa volta si ritorna su Cava Romana e – come scrive Il Tirreno – “continua il braccio di ferro” tra l’ex docente e l’imprenditore del marmo Giorgio Turba, dopo aver sfiorato le aule del Tribunale.
La Leverotti ripropone la teoria (tanto di moda) dei poteri forti e così accusa il Parco di aver supinamente esteso il limite dell’area estrattiva per sanare o, quanto meno, ridimensionare gli abusi realizzati da Cava Romana. Il tutto con la compiacenza del Comune di Massa, che avrebbe ordinato questa modifica in sanatoria.
Alla Leverotti non è bastato consultare tonnellate di documenti e neppure ricevere per ore la paziente spiegazione dei funzionari del Parco. L’errore grave della professoressa – da matita blu – è nell’aver voluto mescolare e confondere due procedimenti amministrativi che viaggiano su piani differenti e hanno avuto luogo in tempi ugualmente diversi.
Gli abusi a Cava Romana sono stati tutti compiuti prima del 2015. Il Parco ha rilevato queste difformità rispetto alle previsioni del progetto estrattivo legittimamente approvato nel 2010. Pertanto, abusi erano e abusi rimangono in modo del tutto indipendente dal confine del Parco, la cui eventuale modifica non produce alcuna sanatoria o ridimensionamento quantitativo delle difformità prodotte. Non a caso, siamo arrivati alla terza ordinanza di sospensione e riduzione in pristino, per inerzia ad operare da parte del conduttore dell’attività estrattiva.
Nella confusione di numeri buttati là senza cognizione, la Leverotti afferma che a Cava Romana le difformità avrebbero raggiunto il valore complessivo di 25.950 mc, di cui 4.950 in area estrattiva e 21.000 in area parco. Anche qui c’è un difetto evidente di uso dei dati numerici consultati, poiché l’entità totale effettiva degli abusi compiuti, rispetto al progetto estrattivo approvato, ammonta in realtà a 15.990 mc, con discreta parte di questo volume difforme realizzato in cantieri ben distanti dal limite dell’area parco. A titolo di cronaca ed informazione pubblica – e non per sminuire la gravità di questi abusi – la cifra corretta sopra riportata non corrisponde tout court ad un incremento di escavazione rispetto a quanto consentito, poiché 30.364 mc di gallerie previste nel progetto sono rimaste ancora irrealizzate.
Veniamo infine alla questione della rettifica dei confini del Parco, utilizzata a pretesto per descrivere un clima opaco di parzialità e favori. La Leverotti non dice che il caso di Cava Romana è il risultato riconosciuto, insieme ad altri, di una ricognizione a 360° su tutte le attività estrattive del Parco, dopo l’approvazione del nuovo Piano nel 2016. Una verifica puntuale dei nuovi perimetri si è resa necessaria con il passaggio dalle mappe cartacee di scala inadeguata a quelle digitali di grande dettaglio. Questa ricognizione ha individuato alcune porzioni di cave attive che, per effetto dei nuovi limiti del Piano, si sono così trovate, seppur di poco, all’interno dell’area protetta, benché regolarmente autorizzate prima dell’entrata in vigore dello stesso strumento di pianificazione.
La Leverotti non dice che l’istanza di rettificare i confini è giunta al Parco, in primo luogo, dal comune di Carrara per la presenza di più casi critici nel proprio territorio. Non dice neppure che il Parco, prima di procedere, ha consultato e richiesto il contributo tecnico anche degli altri comuni interessati dall’attività di cava, con l’obiettivo di non creare disparità di trattamento. Non dice infine che, per rimediare a questa situazione imprevista, era pronta una proposta di legge d’iniziativa della Giunta Regionale, non portata a termine soltanto dopo aver riscontrato il numero limitatissimo dei casi effettivi (appena 4) e l’entità ristrettissima delle superfici da modificare (alcuni ettari complessivi).
La via della correzione cartografica di questi microscopici errori materiali è sembrata la più idonea ed immediata, con motivazioni e ragioni tecniche tutte contenute nella deliberazione del Consiglio direttivo n. 31 dello scorso 18 luglio. Per altro, lo stesso provvedimento ha soltanto verificato l’esistenza dei 4 casi detti e ha riconosciuto la necessità di modificare i confini in loro corrispondenza, non producendo però alcuna variazione effettiva dei perimetri dell’area parco e delle aree estrattive.
Anche quest’ultimo è un fatto che contraddice la teoria lobbistica della prof.ssa Leverotti.


 



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