ULTIMORA


19/01/2020
L’insostenibile leggerezza delle accuse contro il Parco
the unbearable lightness of the charges against the Park



Non meriterebbe alcun commento l’ulteriore inconsistente replica della signora Franca Leverotti sulla legittimità delle “concessioni” rilasciate dal Parco e su altre amenità di contorno, poiché intervento errato, grossolano e, a tratti, viziato dal pregiudizio. La presente risposta è dovuta soltanto per rispetto a quanti, in buona fede, credono ancora o possono dar credito ad un soggetto incompetente nella materia, che mal comprende, confonde, dimentica o travisa i mille e più documenti affastellati senza criterio e spesso decontestualizzati, forse ad arte o forse per limiti culturali.
La prima risposta è comunque una domanda che vogliamo rivolgere ad ALCUNE associazioni ambientaliste che la signora dice di rappresentare.
Veramente vi fidate ancora di chi spara a zero su tutto e tutti, alla perenne ricerca di un effimero istante di notorietà sulle pagine locali dei quotidiani? Ancora credete alle sue interpretazioni fantasiose e sensazionalistiche? Il suo agire vi sembra guidato da onestà intellettuale?
Nell’attesa che qualcuno risponda a questi nostri quesiti, veniamo lo stesso a trattare i vari punti d’accusa mossi contro il Parco:

La presunta questione dell’illegittimità delle PCA del Parco

La Leverotti insiste nel sostenere che il Parco ha rilasciato “molte” Pronunce di Compatibilità Ambientale (PCA), a suo dire “illegittime” poiché mancanti del parere di alcuni enti competenti. A sostegno della propria assurda tesi, riporta un passaggio parziale estratto da un lungo ed articolato parere della Avvocatura Regionale – relativo alla completezza dei pareri integrati nei procedimenti di valutazione ambientale – guardandosi bene dal contestualizzare la frase così grossolanamente estrapolata.
La Leverotti si ostina a perseverare nell’errore, nonostante che il Parco abbia più volte spiegato e documentato come le proprie PCA siano tutte legittime e regolari. Non si capisce se, per incapacità di analisi o per chiara intenzione, la signora non vede o non comprende che i provvedimenti oggetto del parere dell’Avvocatura Regionale (datato 23 marzo 2017) sono le autorizzazioni comunali all’attività estrattiva, risalenti ad un periodo in cui questi atti amministrativi concludevano l’iter autorizzativo delle cave, dopo il rilascio della PCA del Parco. In questo stesso parere, l’Avvocatura ha preso in speciale considerazione i casi in cui il Parco – nonostante l’invito ad esprimersi inoltrato a tutte le amministrazioni competenti – non ha poi ottenuto tutti i dovuti pareri nei tempi di legge e pertanto è stato costretto ad emettere una PCA non comprensiva di alcuni di stessi. Queste particolari pronunce hanno sempre segnalato al Comune competente la mancanza di determinati pareri obbligatori di altri enti, al fine di consentire a quest’ultimo soggetto la possibilità di sanare la cosa con l’integrazione dei documenti mancanti, prima del rilascio della definitiva autorizzazione all’estrazione. L’Avvocatura ha parlato di atto illegittimo, riferendosi esclusivamente all’autorizzazione comunale (ex L.R. 35/2015) – e NON alla PCA del Parco – solo nell’ipotesi in cui non fosse intervenuta, per responsabilità istruttoria del Comune, l’integrazione necessaria dei pareri mancanti.
Va detto che – a partire dal luglio 2017 con le modifiche al D. Lgs. 152/2006 (Codice dell’Ambiente) – non si è più posto il caso di autorizzazioni comunali prive di pareri di enti competenti. Dalla data sopra detta, è infatti intervenuto il “Provvedimento Autorizzativo Unico Regionale” (PAUR), che include il rilascio contestuale della PCA del Parco e di tutte le altre autorizzazioni necessarie (comprese quelle comunali), a conclusione di una conferenza di servizi appositamente convocata. In questo procedimento, il Parco è il soggetto responsabile chiamato ad assicurare il rilascio di tutte le autorizzazioni necessarie, anche di quelle di competenza di altre amministrazioni che, seppur invitate, non abbiano partecipato al procedimento, utilizzando in quel caso l’istituto del “silenzio assenso”.

La questione della cava Padulello Biagi

Altro cavallo di battaglia, purtroppo zoppo e logoro, della signora Leverotti. L’accusa in questo caso si sostanzia nella sua frase che segue: “Il Parco non ha impedito la riapertura della Biagi che aveva scavato senza autorizzazione, favorendo l’esistenza di una nuova cava nel territorio che deve tutelare e non rispettando il Piano integrato regionale”.
Conviene qui ricostruire con correttezza lo sviluppo della situazione. Prima dell’adozione/approvazione del PIT (acronimo in realtà di Piano di Indirizzo Territoriale con valenza di Piano paesaggistico), il Parco ha espresso una valutazione ambientale favorevole con la PCA n. 20 del 2012, relativamente ad un piano di coltivazione che prevedeva:
1) ampliamento delle coltivazioni in galleria nel cantiere Padulello;
2) ampliamento delle coltivazioni a cielo aperto nel cantiere Biagi;
3) realizzazione di opere di ripristino ambientale per precedenti attività difformi.
In seguito, il Parco rilasciava la PCA n. 6 del 2013 riguardo ad una variante al precedente piano di coltivazione che, nel cantiere Biagi, prevedeva il trasferimento dei volumi autorizzati dal cielo aperto alla galleria. Nel procedimento di rilascio di tale PCA sono stati acquisiti i pareri favorevoli con prescrizioni di varie amministrazioni (Direzione regionale per i Beni Culturali e Paesaggistici, Soprintendenza BAPSAE di Lucca e Massa Carrara, Soprintendenza per i beni archeologici, Provincia di Massa Carrara, ARPAT Dipartimento di Massa Carrara, AUSL n. 1).
Dopo l’adozione (2 luglio 2014) e l’approvazione (27 marzo 2015) del PIT-Piano paesaggistico, il Parco ha rilasciato altre due PCA. La prima – n. 16 del 2018 – con cui l’Ente esprimeva la valutazione ambientale favorevole su una variante con un diverso sviluppo delle gallerie del cantiere Biagi, per una volumetria complessiva di 7.607 metri cubi, senza alcuna modifica dei versanti esterni, in conformità al PIT-Piano paesaggistico. Si fa presente che il rilascio di tale PCA è stato effettuato attraverso il Provvedimento Autorizzatorio Unico Regionale (PAUR) – di cui si è detto in precedenza – comprendente tutti i pareri delle amministrazioni competenti. La seconda PCA è la n. 11 del 2019 che ha consentito un diverso sviluppo delle gallerie del cantiere Padulello per una volumetria complessiva di 12.919 metri cubi, senza alcuna modifica dei versanti esterni, come stabilito dal PIT-Piano paesaggistico. Anche in questo, la pronuncia del Parco è contenuta nel PAUR, in cui sono acquisiti tutti i pareri delle amministrazioni competenti.
L’elenco degli atti sopra elencati dimostra l’inconsistenza e la falsità dell’accusa di Franca Leverotti sulla Padulello-Biagi. Pertanto, il Parco ha dato piena attuazione e rispettato il PIT-paesaggistico, relativamente a cave esistenti da tempo e precedenti allo stesso PIT-Piano paesaggistico, mentre le difformità nel frattempo riscontrate rispetto ai piani autorizzati sono state perseguite e sanzionate secondo la legge e senza sconti.

Competenza sulla rettifica dei perimetri estrattivi

Si riporta, tal quale, la terza considerazione della signora Leverotti: “la modifica dei confini di cava Romana, poi, qualunque estensione abbia, sana la linea di confine errata tracciata dal professionista e approvata dagli enti. La procedura non è legittima perché non è stata approvata dal Consiglio Regionale”.
La prima parte della considerazione sopra riportata non merita commenti ulteriori perché il Parco ha già ampiamente risposto, con numeri alla mano, il 21 agosto 2018 ed è inutile ritornare a rimescolare argomenti trattati con dovizia di particolari per ribattere e confutare tesi insostenibili. Ad ogni modo, per chi vuole approfondire il testo della risposta del Parco – già pubblicata con risalto dalla stampa locale – lo stesso è conservato e consultabile nell’archivio delle news del sito www.parcapuane.it, alla data sopra detta.
Sulla seconda ed ultima parte della considerazione sopra riportata, bisognerebbe chiedere alla signora Leverotti dove fondi la sua incrollabile convinzione della competenza del Consiglio Regionale ad approvare le rettifiche dei vari perimetri dell’area protetta e di quelle contigua ed estrattiva. È opportuno ricordare che il Parco ha apportato definitivamente queste modifiche con la deliberazione del Consiglio direttivo del Parco n. 50 del 2018, dopo aver coinvolto i Comuni competenti nel relativo procedimento.
Anche in questo caso, la Leverotti sbaglia nonostante sia stata più volte informata nel merito e nel metodo. Si fa presente a tutti che, per norma generale, la rettifica puntuale per errori materiali dei piani territoriali ed urbanistici di qualsiasi livello non necessita di procedure particolari e come tale è stabilita, definita ed attuata dal soggetto competente alla formazione del piano, ovverosia il Parco nel caso in questione. Nello specifico delle correzioni puntuali effettuate sulle aree contigue di cava – che raggiungono un valore complessivo di appena 0,59 ettari su tutta l’estensione estrattiva di 1.660 ettari – nessuna norma della legislazione nazionale o regionale prevede l’espressione di un parere e/o di una autorizzazione da parte della Regione Toscana.
Ad ogni buon conto, prima dell’atto di rettifica, è stato sentito l’Ufficio legale presso il Consiglio Regionale che ha confermato la competenza dell’Ente Parco.



 



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